Omessa comunicazione dell’avvio del procedimento di decadenza dall’impiego (ex art.7 l. n. 241 del 1990): quali conseguenze?

Il TAR Friuli Venezia Giulia, con un’interessante sentenza della metà del mese di marzo 2023, dopo aver ricordato che l’“accertata situazione di cumulo di impieghi e di assenza di previa idonea autorizzazione dell’Amministrazione di appartenenza” si configura come “atto avente, in effetti, natura di accertamento e dichiarativa di una fattispecie già completa” ovvero assurge ad atto “dovuto (Consiglio di Stato, Sez. VI, 21 giugno 1982, n. 310)” sicché, già, di per sé, si tratta di un provvedimento idoneo a rendere non invalidante, ex art. 21-octies, comma 2, primo periodo, della legge n. 241 del 1990 il mancato invio di specifica comunicazione di avvio del procedimento. In ogni caso il Giudice amministrativo evidenzia altresì come tale censura si esaurisca in una violazione meramente formale e dequotata atteso che “scopo della comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 l. n. 241 del 1990 è quello di consentire la sostanziale ed effettiva partecipazione procedimentale ovvero di mettere il privato nelle condizioni di interloquire con l’Amministrazione e di introdurre nella dinamica procedimentale l’apprezzamento degli interessi di cui è portatore, rendendone possibile la comparazione con quelli pubblici perseguiti dalla prima”.Orbene, nel caso di specie, preso atto che l’accertamento e la valutazione dei presupposti fattuali che imponevano l’adozione del decreto rettorale di decadenza erano noti da tempo al ricorrente, il TAR Friuli Venezia Giulia conclude che “oltre ad essere indubbiamente venuto aliunde (e con sufficiente anticipo) a conoscenza di quelle che s’appalesavano, sin da allora, future conseguenze scontate delle circostanze accertate con i detti decreti ovvero che l’Amministrazione avrebbe necessariamente disposto la sua successiva e doverosa cessazione dal ruolo di professore universitario e l’altrettanto doveroso recupero nei suoi confronti dei compensi indebitamente percepiti, è palese che – come si avrà anche modo di osservare più compiutamente in seguito – non è questa la sede per rimettere in discussione i presupposti fattuali posti alla loro base, che avrebbero dovuto, semmai, essere contestati mediante idonee allegazioni e prove in sede di rituale e tempestiva impugnazione giurisdizionale dei decreti stessi e/o di richiesta di loro annullamento in autotutela, proposta in sede amministrativa. Le considerazioni sin qui svolte sull’inutilità, nel caso specifico, dell’incombente trovano, peraltro, conforto in quanto recentemente ricordato dalla VI Sezione del Consiglio di Stato nella pronuncia n. 486 del 16 gennaio 2023 ovvero che “La finalità della regola procedimentale stabilita dall’art. 7 l. n. 241 del 1990 (notifica all’interessato dell’avviso dell’avvio del procedimento) va individuata nell’esigenza di assicurare piena visibilità all’azione amministrativa, nel momento della sua formazione, e di garantire al contempo la partecipazione del destinatario dell’atto finale alla fase istruttoria preordinata alla sua adozione, pertanto la verifica della sussistenza della sua realizzazione non va compiuta con l’esclusivo e rigido riferimento all’adempimento formale ivi divisato ma con riguardo alla sostanziale realizzazione degli interessi sottesi alla citata disposizione” (Cons. Stato, sez. IV, n. 5769/2004)”.

a cura dello Studio legale Avv. Mauro Montini 
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