I criteri di valutazione delle prove di un concorso vanno definiti dalla commissione esaminatrice prima di conoscere il nome dei candidati?

Ancora la sentenza già commentata del TAR del Friuli Venezia Giulia della fine del mese di marzo 2023 affronta un tema non di poco conto nelle procedure selettive ovverosia quello del momento in cui la commissione esaminatrice è chiamata a predeterminare i criteri di valutazione delle prove d’esame e, segnatamente, se ciò debba avvenire prima del loro svolgimento. Sul punto il TAR Friuli conclude in senso negativo sul rilievo che “In giurisprudenza, che il Collegio condivide, è stato, infatti, anche recentemente osservato che “i criteri di valutazione devono essere determinati prima della valutazione delle prove, senza che ci sia un termine specifico. Questo per evitare, ad esempio, che la conoscenza degli esiti di prove precedenti possa condizionare il punteggio da attribuire ad un determinato candidato. Implicito sostegno alle conclusioni raggiunte, si ricava dal principio espresso da Cons. Stato, sez. III, 10/04/2015, n. 1850: Nei concorsi pubblici la commissione esaminatrice non ha l’obbligo di comunicare i criteri di valutazione ai candidati, essendo evidente che l’esigenza di predeterminati criteri di valutazione è preordinata ad assicurare il rispetto dell’imparzialità e della par condicio nelle operazioni di correzione degli elaborati, e non ad agevolare i candidati nello svolgimento di una prova di esame qualitativamente migliore” (C.d.S. n. 2742/2023 cit.)”. Ed ancora precisa che “la finalità della previa fissazione dei criteri di valutazione è quella di operare, in funzione di autolimitazione della sfera di discrezionalità tecnica, un primo livello generale e astratto di valutazione, entro il quale sono destinate a inserirsi le valutazioni concrete nei confronti dei singoli candidati, a garanzia di imparzialità, trasparenza e buona amministrazione. L’adempimento si inquadra, pertanto, nell’ottica della trasparenza dell’attività amministrativa perseguita dal legislatore, il quale pone l’accento sulla necessità della determinazione e verbalizzazione dei criteri stessi in un momento nel quale non possa sorgere il sospetto che questi ultimi siano volti a favorire o sfavorire alcuni concorrenti (ex multis, Cons. Stato, VI, 17 maggio 2017, n. 2334; VI, 27 settembre 2016, n. 3976; 19 marzo 2015, n. 1411; VI, 26 gennaio 2015, n. 325; VI, 3 marzo 2014, n. 990) (cfr. in terminis, Cons. Stato, n. 495/2019)” (C.d.S., sez. III , 29 gennaio 2021, n. 864); – “la commissione è tenuta, ai sensi dell’articolo 12 del D.P.R. 487/1994, a stabilire i criteri e le modalità di valutazione delle prove concorsuali nella sua prima riunione o, eventualmente, prima della correzione delle prove scritte, rientrando tale principio nell’ottica della trasparenza dell’attività amministrativa perseguita dal legislatore, il quale ritiene necessario determinare i criteri in un momento nel quale non possano sorgere dubbi circa l’imparzialità degli stessi” (Cons. di Stato, VI, 12 dicembre 2018, n. 6979; recentemente ribadito da TAR Sicilia, Catania, n. 1966/2022);- “I criteri di valutazione delle prove di una selezione di concorso pubblico possono essere fissati direttamente dal bando oppure rimessi alla discrezionalità della Commissione esaminatrice, dovendo tuttavia, in tale ultimo caso, essere fissati prima dell’avvio delle operazioni valutative, ciò a garanzia dei principi di trasparenza e di imparzialità dell’azione amministrativa” (T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 8 ottobre 2021, n.10360); – “Non vi è vizio invalidante, qualora i criteri di valutazione delle prove scritte di un pubblico concorso, pur se non nella prima seduta della Commissione, vengano comunque definiti prima che si proceda alla correzione delle prove scritte. Ciò che conta infatti è che venga garantita la trasparenza nell’espletamento della prova concorsuale, risultato questo che si ottiene qualora la determinazione e la verbalizzazione dei criteri avvenga in un momento nel quale non possa sorgere il sospetto che questi ultimi siano volti a favorire o sfavorire alcuni concorrenti” (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 4 febbraio 2019, n. 243); – “Sebbene l’art. 12 comma 1 del d.P.R. 9 maggio 1994 n. 487, recante norme sulle modalità di svolgimento dei concorsi per l’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni, preveda che le commissioni esaminatrici debbano stabilire i criteri e le modalità di valutazione delle prove concorsuali “alla prima riunione”, nondimeno è giurisprudenza consolidata che, proprio in vista delle esigenze di trasparenza sottese alla disposizione, è ammissibile che i criteri siano determinati anche in un momento successivo, e quindi anche dopo lo svolgimento delle prove, purché in momento anteriore alla valutazione, e quindi, nel caso delle prove scritte, all’avvio delle operazioni di correzione degli elaborati” (T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 8 marzo 2018, n.499). Sicché, in definitiva, la circostanza che l’elenco dei partecipanti fosse già noto alla Commissione, allorché la medesima, nell’esercizio della discrezionalità tecnica di competenza, ha dettagliato e graduato i criteri di valutazione, non è in grado di per sé (ovvero in assenza di più pregnanti elementi atti a dimostrare effettivamente un distorto esercizio del potere di spettanza da parte dei Commissari) di arrecare quel vulnus alla par condicio dei concorrenti, denunciato dalla ricorrente”.

a cura dello Studio legale Avv. Mauro Montini 
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