La sentenza del TAR Friuli Venezia Giulia del marzo 2023 presenta, invero, un ulteriore profilo di estremo interesse. Infatti, avuto riguardo alla circostanza che, nel caso scrutinato, il professore universitaria, seppure dichiarato decaduto dall’impiego per violazione dell’obbligo di esclusività avesse proseguito nell’insegnamento per oltre un anno, statuisce che “per tutto il periodo di tempo in cui il rapporto di lavoro ha avuto esecuzione (e dunque fino alla data del …..2021) restano fermi i diritti e gli obblighi inerenti al rapporto stesso, e quindi tanto il diritto alla retribuzione (che è stata infatti regolarmente percepita dal ricorrente) quanto il dovere di esclusività. Si evidenzia, in proposito, che l’obbligo di restituzione dei compensi illegittimamente percepiti discende espressamente dalla legge per l’inosservanza degli obblighi di esclusività. Diversamente opinando, si priverebbe di cogenza una norma imperativa, quale è l’articolo 53, comma 7 e 7bis del D.Lgs. 165/2001, che introduce a carico del dipendente pubblico una sanzione ex lege per aver tenuto una condotta contraria agli stessi dettami dell’art. 98 della Costituzione, a mente del quale i pubblici impiegati sono a servizio esclusivo della Nazione. In tal senso si è espressa la Corte dei conti, sez. reg. giurisdizionale, già con sentenza n. 1400 del 19/1984. La Corte, in detta pronuncia, si è espressa nei seguenti termini: <L’insegnante elementare, la cui nomina sia inefficace per incompatibilità derivante da cumulo di pubblici impieghi, va considerato funzionario di fatto e come tale può essere chiamato a rispondere degli emolumenti illegittimamente percepiti. L’insegnante elementare che abbia tenuta nascosta all’amministrazione una situazione di incompatibilità derivante da cumulo di impieghi è tenuto a rimborsare l’amministrazione stessa del danno erariale costituito dal trattamento economico e pensionistico goduto in relazione all’attività lavorativa illegittimamente prestata in situazione di incompatibilità>”.