Nemmeno il ricercatore universitario ha diritto alla conversione del contratto a termine

La vicenda trae origine dal ricorso proposto da un ricercatore universitario assunto dall’Università con contratto a tempo determinato ed il cui rapporto di lavoro, dopo alcune proroghe contrattuali, era proseguito in via di fatto oltre il termine indicato. Il ricercatore, in particolare, riteneva di aver diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro da tempo determinato in tempo indeterminato, con conseguente condanna dell’Università all’assunzione nonché al pagamento dell’indennità di cui all’art. 32 della legge n. 183 del 2010.
Il Tribunale Amministrativo Regionale ha dichiarato il ricorso inammissibile sul rilievo che, venendo in considerazione un rapporto di pubblico impiego, l’eventuale conversione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato avrebbe dovuto essere mediata da un atto autoritativo discrezionale dell’Università, nella specie mancante. Di conseguenza, il ricercatore non poteva ritenersi titolare di un diritto alla conversione del rapporto di lavoro, ma solo di un interesse legittimo, che avrebbe potuto azionare e tutelare solo impugnando un atto autoritativo, quale poteva essere un (ulteriore) rinnovo a termine.
Chiamato a pronunciarsi sul punto, il Consiglio di Stato, con sentenza del marzo 2022, ha respinto l’appello e, per l’effetto, confermato la sentenza di primo grado. Il Giudice Amministrativo ha chiarito che nel pubblico impiego alla violazione di norme imperative che riguardano l’assunzione non può mai far seguito la costituzione di un rapporto di pubblico impiego a tempo indeterminato. L’eventuale abuso del ricorso ai contratti a termine può, semmai, costituire per l’amministrazione pubblica fonte di responsabilità risarcitoria (ma la relativa domanda, peraltro, nel caso di specie non era stata formulata), mentre la decisione di assumere un dipendente a tempo indeterminato rimane una decisione discrezionale dell’amministrazione.

a cura dello Studio legale Avv. Mauro Montini 
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