Alla contrattazione collettiva nel lavoro pubblico non sfugge nessuno, neppure i medici convenzionati. Riflessioni a margine dell’ordinanza 14 febbraio n. 4524 del 2023 della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, con una sentenza appena pubblicata, torna sul ruolo e sulla funzione della contrattazione collettiva nel rapporto di lavoro pubblico applicando ed estendendo gli approdi, raggiunti con riferimento al D. Lgs. n. 165 del 2001, anche al personale sanitario in regime di convenzione ex art. 48 della legge n. 833 del 1978 ed art. 8 D. Lgs. n. 502 del 1992 (i medici di famiglia, i pediatri di libera scelta o gli specialisti, ambulatoriali, per intendersi).
Viene innanzitutto ribadita la funzione degli accordi collettivi nazionali, di assicurare una regolazione uniforme sull’intero territorio nazionale del rapporto di lavoro a convenzione (art. 2 nonies D.L. n. 81 del 2004 convertito in legge n. 138 del 2004), ma soprattutto, anche per ragioni di controllo della spesa, viene espressamente chiarito che, nei rapporti convenzionali, la contrattazione collettiva è destinata ad assumere “il medesimo ruolo centrale che la stessa riveste nell’ambito del pubblico impiego contrattualizzato”.
Insomma, seppure i medici a convenzione del SSN non siano lavoratori subordinati, trattandosi di rapporti libero professionali parasubordinati, si assoggetta la disciplina del loro rapporto di lavoro al medesimo equilibrato “dosaggio” di fonti regolatrici che connota il rapporto di lavoro pubblico.
Un dosaggio di regole in cui la “parte del leone” è riservata, proprio, alla normativa statale ed alla contrattazione collettiva nazionale. Sicché, seppure siffatta conclusione potrebbe essere rivista nella prospettiva dell’accentuarsi delle autonomie regionali (che sembra all’orizzonte), viene sancito, in coerenza con la giurisprudenza della Corte costituzionale, che sia il legislatore regionale sia la contrattazione decentrata possono operare negli spazi che sono loro propri così come definiti dalla legge statale e dalla contrattazione collettiva.
In buona sostanza, ed in modo del tutto condivisibile, si richiama lo stesso legislatore regionale a non legiferare sulla “fase esecutiva del rapporto in convenzione”, visto che gli istituti di diritto privato di quel rapporto, afferendo alla materia dell’“ordinamento civile” (ex art 117 della Costituzione), appartengono alla competenza esclusiva dello Stato. Correlativamente, ed è il punto di maggiore interesse della pronunzia, neppure invocando la realizzazione di misure finanziarie di rientro dal disavanzo del SSR, è possibile, per le singole regioni e le loro aziende sanitarie, sottrarsi alle “obbligazioni contrattuali assunte quanto al trattamento economico spettante al personale del comparto e a quello in regime di convenzionale”.
Ed è, almeno sul piano lavoristico, questo l’aspetto di maggiore interesse della pronunzia con una portata applicativa che va ben oltre il rapporto di lavoro dei medici a convenzione. Si ribadisce, difatti, che neppure le ragioni di equilibrio dei conti abilitano la pubblica amministrazione ad incidere unilateralmente sul trattamento retributivo dei dipendenti pubblici siano essi subordinati o in regime di convenzione (cd. parasubordinazione).Verrebbe da dire che il trattamento economico dei dipendenti pubblici (anche in regime di parasubordinazione) è “inviolabile” e che la regola della parità di trattamento retributivo (espressione dell’art. 97 della Costituzione ed emersa a livello normativo con l’art. 45 D. Lgs. n. 165 del 2001), se impedisce trattamenti di maggiore, favore impedisce anche trattamenti in peius, stante il vincolo della pubblica amministrazione, cui non possono sottrarsi neppure le Regioni, di applicare a tutti la disciplina della contrattazione collettiva.
In conclusione la sentenza ha una chiara portata sistematica in quanto, persino soffermandosi sul potere unilaterale di intervenire sulle materie riservate alla contrattazione collettiva (ex art. 40, commi 3 bis e 3 ter D. lgs. n. 165 del 2001), ne ribadisce il carattere assolutamente eccezionale e temporaneo (accentuato anche dalle modifiche introdotte da D. Lgs. n. 75 del 2017).
Sicché neppure esso in grado di incidere sul “ruolo centrale attribuito alla contrattazione” e tanto meno consente di prospettare possibili ambiti di intervento autoritativo in capo alle singole amministrazioni che vengono richiamate al puntuale rispetto delle previsioni e delle obbligazioni assunte in sede di contrattazione collettiva a favore di tutti i dipendenti anche quelli in regime convenzionali, come i medici di medicina generale o i pediatri di libera scelta.

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