Il rapporto di lavoro dei giudice di pace riletto alla luce della giurisprudenza della corte di giustizia UE

Il TAR Emilia Romagna – Bologna, nella sentenza della metà del mese di maggio 2023 già oggetto di una news, esamina in maniera davvero persuasiva il rapporto di lavoro dei giudici di pace alla luce della giurisprudenza della corte di Giustizia UE. Viene, difatti, sancito che, per le funzioni svolte, come disciplinate dalla legislazione speciale e di fatto effettivamente poste in essere, il Giudice di Pace istante rientri nella nozione, autonoma ed unitaria, di “lavoratore”, propria del diritto dell’Unione (v. in ordine alla portata unitaria della nozione le sentenze del 26 marzo 2015, Fenoll, C-316/13,EU:C:2015:200, punto 25, e del 20 novembre 2018, Sindicatul Familia Constanţa e a., C-147/17, EU:C:2018:926, punto 41 e giurisprudenza ivi citata). Nonostante invero la Corte di Giustizia abbia – come visto – pervicacemente rimesso al giudice del rinvio il compito di verificare, tra l’altro, la sussistenza di “ragioni obiettive” atte a giustificare la differenza di trattamento (ai sensi della clausola 4 punto 1 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato) non va sottaciuto il principio – del tutto innovativo per il nostro ordinamento e fondamentale per il presente giudizio – affermato dalla Corte secondo cui il Giudice di Pace, nominato per un periodo limitato il quale nell’ambito delle sue funzioni svolge prestazioni reali ed effettive non marginali né accessorie per le quali percepisce indennità aventi carattere remunerativo, rientra nella nozione di lavoratore a tempo determinato di cui alla clausola 2 punto 1 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato (sentenza 7 aprile 2022 causa C-236/2020 punto 30). Ciò, d’altronde, appare coerentemente in linea con quanto la Corte di Giustizia aveva già precedentemente accertato in ordine ai giudici onorari inglesi (C.G.U.E. sent. 1 marzo 2012 O’Brien C-393/10) come rilevato nell’ordinanza di rinvio ex art 267 TFUE.Va poi tenuto conto delle procedure di infrazione e messa in mora attivate dalla Commissione UE nei confronti della Repubblica italiana per il mancato adeguamento della normativa interna al regime di tutela garantito dalle direttive comunitarie a tutela del lavoratore con riferimento peraltro anche alla recente riforma contenuta nella legge n. 234/2021 (Commissione UE atto di messa in mora del 15 luglio 2022) non applicabile alla ricorrente in quanto entrata in vigore l’uno gennaio 2022 ovvero quando la dott.ssa Rinaldi era da tempo (31 luglio 2019) cessata dal servizio. Traendo le conclusioni, la natura subordinata del rapporto di lavoro del Giudice di Pace, quale magistrato alle dipendenze del Ministero della Giustizia, comporta l’accertamento dell’avvenuta instaurazione di un rapporto di pubblico impiego di fatto ex art. 2126 c.c. non ostandovi la carenza del concorso pubblico quale modalità di accesso (ex multis Consiglio di Stato sez. V 22 dicembre 2014, n. 6194) con consequenziale diritto del lavoratore al trattamento retributivo per il tempo in cui il rapporto ha avuto materiale esecuzione e alla contribuzione previdenziale propria di un rapporto di pubblico impiego regolare (ex multis Cassazione civile sez. VI, 3 agosto 2022, n. 24040; Tribunale Velletri sez. lav. 3 novembre 2020, n. 1165).

E’ poi pacifico che le sentenze interpretative della Corte di Giustizia ex art. 267 TFUE abbiano effetto retroattivo ed estendano dunque i propri effetti anche ai rapporti sorti in epoca precedente alla sentenza stessa purché non esauriti (ex multis Cassazione civile, 9 ottobre 2019, n. 25278; C.G.U.E. sent. Denkavit 27 marzo 1980- C-61/79).

a cura dello Studio legale Avv. Mauro Montini 
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