Da quando si comincia a lavorare, ovvero come si calcola il “tempo-lavoro”?

La Corte di Appello di Milano, con sentenza del febbraio – marzo 2023, è stata chiamata a pronunziarsi su una fattispecie di particolare rilievo sul calcolo del tempo lavoro. Nella specie era, difatti, intervenuto un accordo aziendale in forza del quale l’attestazione di inizio della prestazione non avviene più attraverso “la strisciatura del badge personale di servizio negli appositi marcatempo situati al piano terra all’ingresso dell’edificioaziendale”, bensì attraverso “la registrazione on line dei medesimi sui sistemi informatici aziendali, posti presso le proprie postazioni lavorative”. Orbene, riformando la diversa pronunzia di primo grado, la Corte di Milano statuisce condivisibilmente che “L’attuale nozione di orario di lavoro attribuisce un espresso e alternativo rilievo non solo al tempo della prestazione effettiva ma anche a quello della disponibilità del lavoratore e della sua presenzasui luoghi di lavoro e la formulazione è volutamente ampia e tale da includere nella nozione nonsolo l’attività lavorativa in senso stretto, ma anche le operazioni strettamente funzionali alla prestazione. A questo fine è necessario che il lavoratore sia “a disposizione” del datore di lavoro, cioè soggetto al suo potere direttivo e disciplinare (Cass. 2012 n. 1839; Cass. 2012 n. 1703). Secondo la giurisprudenza comunitaria, per valutare se un certo periodo di servizio rientri nella nozione di orario di lavoro, occorre stabilire se il lavoratore sia o meno obbligato ad essere fisicamente presente sul luogo di lavoro e di essere a disposizione di quest’ultimo per poter fornire immediatamente la propria opera (Corte Giust. Com. Eur, 9 settembre 2003, causa C 151/02, parr.58 ss.). Tale orientamento consente di distinguere nel rapporto di lavoro una fase finale, che soddisfadirettamente l’interesse del datore di lavoro, ed una fase finale preparatoria, relativa a prestazioni odattività accessorie e strumentali, da eseguire nell’ambito della disciplina di impresa ( art. 2104 c.c.,comma 2 ) ed autonomamente esigibili dal datore di lavoro, il quale ad esempio può rifiutare laprestazione finale in difetto di quella preparatoria (Cass. 2015 n. 7396). Ne consegue che è da considerarsi orario di lavoro anche l’arco temporale comunque trascorso dallavoratore medesimo all’interno dell’azienda nell’espletamento di attività prodromiche ed accessorieallo svolgimento, in senso stretto, delle mansioni affidategli, ove il datore di lavoro non provi che egli sia ivi libero di autodeterminarsi ovvero non assoggettato al potere gerarchico (Cass. 2017 n.13466, in applicazione di tale principio, la S.C. ha considerato orario di lavoro il tempo impiegatodai dipendenti di una acciaieria per raggiungere il posto di lavoro, dopo aver timbrato il cartellinomarcatempo alla portineria dello stabilimento, e quello trascorso all’interno di quest’ultimoimmediatamente dopo il turno; v. anche Cass. 2015 n. 20694”. In conclusione il tempo lavoro è quello che inizia con la messa a disposizione del proprio tempo a favore del datore di lavoro, ovvero con il superamento dei tornelli di accesso.

a cura dello Studio legale Avv. Mauro Montini 
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