La pubblica amministrazione alla prova dell’algoritmo: dal fattore umano all’intelligenza artificiale

Il costante sviluppo delle tecnologie informatiche offre la possibilità di fare uso di potenti strumenti basati sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale il cui impiego può contribuire, tra le altre cose, a migliorare l’efficienza organizzativa e l’efficacia dell’azione amministrativa.
Per intelligenza artificiale deve intendersi quell’insieme di processi, realizzati mediante algoritmi, consistenti nella raccolta e organizzazione di grandi masse di dati disponibili e nella individuazione, sulla base di tale elaborazione, di concordanze e connessioni, che fanno emergere apporti conoscitivi nuovi e precedentemente non esistenti. In buona sostanza, i sistemi di intelligenza artificiale utilizzano lo strumento informatico (tramite il ricorso ad algoritmi e tecniche di elaborazione dei dati) per risolvere problemi o proporre soluzioni (si pensi ai banali suggerimenti delle piattaforme di intrattenimento online) da applicare in concreto.
Uno degli aspetti più interessanti, che connota tali sistemi, è la capacità di autoapprendimento, basata sull’elaborazione dei dati forniti e sulla individuazione di eventuali possibili nuovi schemi e soluzioni attraverso la lettura, l’analisi e la combinazione dei dati lavorati. Tali sistemi riescono a sviluppare risultati tramite l’elaborazione dell’algoritmo di base e possono consentire, quindi, agli operatori di avere a disposizione strumenti per nuovi per affrontare la realtà.
E proprio queste tecnologie, capaci di proporre soluzioni sulla scorta dei dati introdotti nel sistema, consentono di sviluppare modelli predittivi tali da rendere persino possibile ipotizzare in futuro l’automatizzazione se non dell’intera attività amministrativa, quanto meno delle procedure più semplici (si pensi al rilascio di un documento di identità).
Il rapporto tra l’utilizzo degli strumenti di intelligenza artificiale e l’esercizio della funzione amministrativa risulta, quindi, essere un tema estremamente attuale nell’indagine della scienza giuridica, che solo recentemente ha dimostrato di essere in grado di coglierne l’importanza.
A dire il vero, si è assistito ad una costante influenza tra l’evoluzione tecnologica e la disciplina procedimentale, tanto che già Massimo Severo Giannini, nel Rapporto sui principali problemi dell’amministrazione dello Stato presentato alle Camere nel 1979, poneva l’accento sull’utilizzo della tecnologia da parte della pubblica amministrazione.
In un primo momento, tale trasformazione si è tradotta soprattutto nella dematerializzazione dei documenti amministrativi, realizzata mediante l’utilizzo massiccio dei computer, concepiti come strumenti di connessione nei rapporti tra cittadini e pubbliche amministrazioni, rivoluzionando sia le attività di front office che quelle di back office, ed in particolare lo svolgimento dell’istruttoria procedimentale.
Attualmente, lo sviluppo degli studi circa l’utilizzo delle nuove tecnologie da parte delle pubbliche amministrazioni ruota attorno al ruolo da riconoscere al c.d. “computer-funzionario”, ovvero a possibili modelli in cui gli strumenti informatici vengono impiegati non solo per determinare la forma dell’atto amministrativo, ma divengono essi stessi gli autori dei contenuti dell’atto.
Ciò potrebbe rappresentare, almeno potenzialmente, un vero e proprio punto di svolta, in quanto i sistemi informatici potrebbe assolvere ad una funzione sostitutiva – e non più solo ausiliaria – dell’azione umana: il tema, in buona sostanza, è quello dell’eventuale possibile automazione dell’attività amministrativa concretantesi nell’adozione di provvedimenti.
Nonostante i numerosi vantaggi che possono derivare dall’utilizzo di sistemi algoritmici – come la riduzione dei tempi per la conclusione del procedimento ovvero la maggior obiettività nell’adozione della decisione – la rimodulazione dell’attività amministrativa tradizionalmente intesa per effetto dell’informatizzazione pone dubbi di compatibilità con i principi e le regole che ispirano il procedimento amministrativo.
È chiaro, infatti, che tale processo non può risolversi nella violazione dei principi generali del diritto amministrativo, né nella rinuncia ad una adeguata tutela delle prerogative dei cittadini e soprattutto investire la sfera della scelta discrezionale o quella della programmazione o pianificazione espressione del potere di autonomia dei singoli enti.
In tale ottica, un problema potrebbe essere rappresentato dall’applicabilità al procedimento algoritmico delle regole di svolgimento del procedimento amministrativo poste dalla legge n. 241 del 1990: in quale misura è possibile assicurare il rispetto delle garanzie di partecipazione? È possibile attribuire un ruolo (e quale) al responsabile del procedimento? Quale è il rapporto tra provvedimento automatizzato e onere motivazionale? Insomma, il rischio è quello di arrecare un vulnus al momento di coordinamento e composizione degli interessi pubblici e privati, tipico del procedimento amministrativo partecipato: in caso di elaborazione robotizzata, il timore è che il privato, pur astrattamente titolare di un interesse legittimo, sia difficilmente in grado di influire sull’azione amministrativa.
A ciò si lega un ulteriore nodo gordiano, in relazione alla tutela della riservatezza. Invero, i sistemi algoritmici, per poter funzionare appieno, necessitano di un’ampia mole di dati e di informazioni, e si pone pertanto l’esigenza di tutelare la privacy dei soggetti coinvolti.
Insomma, i problemi all’atto pratico sono molteplici. Occorre, pertanto, aprire gradualmente le porte alla novità, orientando, da un lato, la scelta dei programmi informatici da utilizzare verso quelli che risultano maggiormente idonei al perseguimento degli obiettivi di interesse pubblico e costruendo, dall’altro, un complesso di regole per garantire adeguati livelli di tutela per il cittadino.
In definitiva, a fronte della rapida evoluzione in senso tecnologico anche delle relazioni tra cittadino e pubblica amministrazione, quest’ultima è chiamata a farsi trovare al passo con i tempi. Si tratta di un processo di trasformazione necessario, in quanto molteplici possono essere le applicazioni ed i vantaggi derivanti dall’utilizzo dell’intelligenza artificiale, che molto probabilmente non potrà prescindere da un generale ripensamento dei classici schemi di organizzazione delle pubbliche amministrazioni.

Avv. Samuele Miedico

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