“Pole” il lavoratore registrare una conversazione e cederla ai colleghi anche per ragione apparentemente nobili di difesa dei loro diritti?

L’uso degli smartphone e, comunque il diffondersi degli strumenti elettronici, il ha enormemente facilitato la possibilità di ricorrente alla registrazione di conversazioni anche all’insaputa e senza il consenso degli interlocutori. Si tratta di una pratica che pone delicati problemi non solo sul piano della correttezza delle relazioni interpersonali ma anche e, per quel che qui rileva, sul piano giuridico. Invero, se come chiarito anche in altra news, la giurisprudenza ha per lo più ritenuto che si tratti di un mezzo lecito di acquisizione di prove da impiegare in un eventuale contenzioso (con una chiara e precisa proporzionalità e pertinenza fra la registrazione, la durata della sua conservazione ed il suo uso a fini di giustizia), tutte le volte che chi registra partecipi direttamente alla conversazione e la impieghi a tutela dei propri diritti, tale liceità è destinata a venire meno ove non sussista più una simile corrispondenza fra registrazione e diritto di difesa. Il Tribunale di Venezia ha, non a caso, di recente, con una sentenza dello scorso dicembre 2021, ritenuto illecito il trattamento dei dati personali, con tutte le correlate conseguenze sanzionatorie e risarcitorie, allorché la registrazione venga ceduta a “terzi” estranei sia pure per esigenze di difesa e sia conservata per lungo tempo in attesa del momento giusto per “tirarla” fuori.

a cura dello Studio legale Avv. Mauro Montini 
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