a cura dello Studio Legale Avv. Mauro Montini

Utilizzabilità di e-mail aziendali a fini probatori e diritto alla riservatezza

Degna di particolare rilevanza è la sentenza N. 146 del 20/05/2025 della Corte di Appello di Firenze- Sezione lavoro che si interroga sull’utilizzabilità o meno, a fini probatori, di e-mail aziendali non destinate a chi le produce in giudizio. Era stato, infatti, allegato che tale corrispondenza informatica era stata acquisita in violazione della riservatezza delle comunicazioni, dato che l’indirizzo e-mail aziendale, da cui alcune delle e-mail erano state inviate e altre ricevute, sarebbe stato accessibile solo al datore di lavoro e alla sua responsabile amministrativa.
Orbene la Corte di Appello di Firenze ritiene tale documentazione pienamente utilizzabile, affermando che “diversamente da quanto accade nel processo penale, il codice di rito civile (cioè la legge processuale pertinente nella specie, cui deve quindi guardarsi ai fini della valutazione di ammissibilità della documentazione in questione) non contenga alcun generale divieto di acquisizione delle prove, di cui la parte istante sia venuta in possesso, in ipotesi, in violazione di divieti di legge (come si assume sia accaduto nella specie)…. In mancanza di una generale preclusione, la giurisprudenza di legittimità ha fatto applicazione, secondo la Corte del tutto condivisibilmente, del cosiddetto “criterio di gerarchia mobile”. Un principio questo da intendersi, secondo Cass. 18279/2010, “non come rigida e fissa subordinazione di uno degli interessi all’altro – ma come concreta individuazione da parte del giudice dell’interesse da privilegiare tra quelli antagonistici a seguito di una ponderata valutazione della specifica situazione sostanziale dedotta in giudizio con conseguente bilanciamento tra gli stessi, capace di evitare che la piena tutela di un interesse possa tradursi nella limitazione di quello contrapposto tanto da vanificarne o ridurne il valore contenutistico. Non si è mancato di osservare in dottrina – proprio in una materia attinente al diritto di riservatezza – che l’operazione di bilanciamento può condurre ad un arretramento di tutela dei dati personali tutte le volte in cui nel conflitto di interessi il grado di lesione della dignità dell’interessato sia di ridotta portata rispetto a quella che subirebbe il diritto antagonista, non potendo consentirsi all’interessato di trincerarsi dietro l’astratta qualificazione del suo diritto si da limitare in maniera rilevante il diritto di difesa della controparte”. E, nella fattispecie in esame, conclude la Corte di Appello di Firenze, siffatte comunicazioni risultano addirittura “indispensabili alla difesa dell’odierno appellato in ordine alla dedotta ritorsività delle sanzioni impugnate, secondo una valutazione da compiersi necessariamente ex ante (su quest’ultimo punto cfr. Cass. 11322/2018, secondo cui “quanto poi al concreto atteggiarsi del diritto di difesa, è stato ritenuto che la pertinenza dell’utilizzo rispetto alla tesi difensiva va verificata nei suoi termini astratti e con riguardo alla sua oggettiva inerenza alla finalità di addurre elementi atti a sostenerla e non alla sua concreta idoneità a provare la tesi stessa o avendo riguardo alla ammissibilità e rilevanza dello specifico mezzo istruttorio)”.

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