a cura dello Studio Legale Avv. Mauro Montini

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Licenziamento disciplinare ed accesso agli impieghi nel SSN: un’interessante ed innovativa sentenza del Tar della Toscana

Il TAR della Toscana, con una a dir poco interessante sentenza dell’8 aprile 2025, si confronta ocn un tema di non poco rilievo. A fronte di una candidata, che era stata esclusa da un concorso, per essere stata in precedenza oggetto di un licenziamento per giusta causa irrogato da altro ente pubblico secondo la disciplina del comma 2, dell’art. 2 del DPR 220/2001, il Giudice amministrativo disapplica la corrispondente previsione del regolamento sugli accessi al SSN, ritenendo che “che la disposizione regolamentare citata si ponga in aperto contrasto con l’immediata precettività di plurimi parametri costituzionali e che, pertanto, essa vada disapplicata, con conseguente pronuncia caducatoria del provvedimento di esclusione impugnato… Nella delineata prospettiva, va, infatti, precisato che il caso di specie è inquadrabile nel cd. rapporto di simpatia, ricorrente ogniqualvolta un provvedimento amministrativo sia conforme ad un regolamento a sua volta contrastante con disposizioni di rango superiore, con la conseguenza che, disapplicato il regolamento per contrasto con la disposizione gerarchicamente superiore, si avrà anche l’illegittimità del provvedimento che radica la propria legittimità in quella disposizione regolamentare (cfr. Consiglio di Stato, V Sezione, sentenza del 24 luglio 1993, n. 799)”. Orbene, muovendo da tale assunto si afferma che “la Corte costituzionale, con la sentenza del 23 novembre 1993 n. 408, ha avuto modo di dichiarare l’illegittimità costituzionale di una norma di legge che impediva l’accesso all’impiego civile del Ministero dell’Interno, senza consentire all’amministrazione stessa di esercitare un potere valutativo in ordine all’effettiva sussistenza delle ragioni a supporto della esclusione dalla relativa procedura concorsuale. Nel caso di specie la ricorrente è stata esclusa dalla procedura concorsuale in esame per effetto di un licenziamento disciplinare intervenuto a 25 anni di distanza dalla domanda di partecipazione e l’automatismo espulsivo discendente dalla disposizione regolamentare si pone in contrasto con gli artt. 2, 4, e 35 della Costituzione, nei sensi precisati. Infatti, se è vero che il fatto posto a base del licenziamento disciplinare rileva solo indirettamente ai fini della decisione, è pur vero che quel licenziamento fu disposto sulla base di una condanna penale per fatti risalenti al 1994 e commessi al di fuori dell’attività lavorativa. Orbene, la disposta esclusione, quale mero automatismo conseguente all’esistenza del predetto licenziamento, si pone anche in aperto contrasto con il principio di non contraddizione, quale precipitato dell’art. 3 della Costituzione, in combinato disposto con l’art. 27, comma 3, della medesima Carta costituzionale, nella misura in cui la riabilitazione penale e l’avvenuta emenda del soggetto siano irrilevanti ai fini della verifica in concreto della compatibilità della causa ostativa con l’accesso all’impiego. In detto contesto, appare rilevante anche la circostanza che la ricorrente è un’infermiera, che, in quanto tale, si vedrebbe sostanzialmente precluso l’accesso al lavoro, atteso che la sua qualifica professionale può svolgersi solo (o prevalentemente) in strutture pubbliche del Servizio Sanitario Regionale. Concludendo sul punto, ritiene il Collegio che, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, debba nel caso di specie darsi prevalenza alla tutela del diritto all’impiego della ricorrente, disapplicando il regolamento recato dal d.P.R. n. 220/2001, nella parte in cui non prevede una verifica in concreto della rilevanza della fattispecie escludente”.

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