a cura dello Studio Legale Avv. Mauro Montini

gara, polizia, privacy, sanzione, scuola

Libertà di manifestazione del pensiero, bestemmia, social media e responsabilità disciplinare dei dipendenti pubblici

Una recente e interessante sentenza della Sezione Lavoro della Corte di Appello di Firenze (cfr. Corte App., Sez. Lav., 13.06. 2025 n. 2) ripropone l’annoso tema dell’uso dei social media da parte dei dipendenti pubblici e dei conseguenti riflessi disciplinari. Le esternazioni e i commenti che vi trovano non di rado sfogo risultano spesso accentuati dalle peculiarità del mezzo che finisce per depotenziare la piena consapevolezza, da parte degli autori, della possibile offensività dei loro scritti.
L’interesse per la sentenza, nel caso di specie, è accentuato anche dall’intreccio con un altro tema, che non di rado trova ingresso nei procedimenti disciplinari, ossia la rilevanza anche di “condotte extralavorative”.
Infatti il caso, che coinvolgeva il docente di una scuola pubblica politicamente impegnato (per essere stato eletto in un Consiglio di Quartiere), concerneva una sanzione disciplinare irrogata in ragione del contenuto di un post pubblicato sulla propria bacheca Facebook contenente l’espressione blasfema, offensiva del sentimento religioso.
Orbene, collocandosi in un solco ormai consolidato, la Corte di Appello di Firenze conclude per la piena legittimità della sanzione disciplinare inflitta sul rilievo che la natura pubblica del post ne accentuava la portata offensiva e ne fondava la rilevanza disciplinare correlata alla funzione educativa propria e tipica della funzione docente.
Viene espressamente richiamata e condiviso l’orientamento della Suprema Corte secondo il quale è proprio “l’attitudine del mezzo utilizzato a garantire la circolazione del messaggio tra un gruppo indeterminato di persone” che accresce “la portata diffusiva del commento all’interno di questo gruppo e rendendolo apprezzabile per composizione numerica” (cfr. Cass., sez. lav., 06/05/2024, n.12142; cfr. anche Tribunale Trani sez. lav., 01/07/2024, n.1378 secondo la quale “il messaggio pubblicato su ‘Facebook’ in un gruppo chiuso e con ‘privacy privata’ (in quanto tale accessibile solo agli utenti autorizzati alla visione dall’amministratore), non perde la sua natura diffamatoria sol perché mancherebbe, in capo all’autore, l’intento di divulgare il contenuto ad una platea indiscriminata di soggetti: infatti l’utente può pubblicare un messaggio aperto ai commenti ed alla condivisione da parte di tutti i soggetti iscritti al gruppo ed il messaggio può circolare liberamente, in quanto lo stesso può essere riprodotto e diffuso da ogni altro partecipante al gruppo”).
L’orientamento, come detto piuttosto consolidato (cfr. anche Cass., sez. lav., 10/10/2024, n. 26446 che pure esclude la portata offensiva del post in quanto conseguente al fatto ingiusto del datore di lavoro in applicazione del valore scusante della provocazione ex art. 599 c.p.), ha però avuto per lo più ad oggetto esternazioni che coinvolgevano in modo diretto o indiretto il proprio datore di lavoro ovvero nelle quali emergeva, comunque, il ruolo e la funzione ricoperti dal loro autore (cfr. T.A.R. Bologna, (Emilia-Romagna) sez. I, 19/03/2024, n.206; T.A.R. Firenze, (Toscana) sez. I, 08/06/2023, n.570 entrambe rese nei confronti di personale appartenente alle forze di polizia).
Nella specie, l’espressione blasfema, era stata fatta al di fuori dell’esercizio della funzione di docente e nell’ambito del ruolo di consigliere di quartiere.
Orbene, se come conclude la Corte di Appello si deve escludere che “la bestemmia possa essere giustificata per il solo fatto di essere espressione popolare fiorentina”, nondimeno resta la sensazione che il pacifico carattere extralavorativo dell’accaduto meritasse una maggiore attenzione, visto che la funzione docente finisce per assumere una dimensione totalizzante e ontologica, tale da coinvolgere anche aspetti e ruoli a quella del tutto estranei.
Insomma, senza scomodare temi di particolare rilievo che hanno trovato emersione anche a livello giurisprudenziale specie con riferimento alla questione dell’affissione del crocifisso nelle aule scolastiche (cfr. le limpide parole di Cass., Sez. Un., 09/09/2021, n.24414 e, in precedenza, Corte Costituzionale, 18/10/1995, n.440) e anche a convenire che il diritto di critica politica non possa trascendere in offese gratuite o in semplici insulti (cfr. Tribunale Firenze sez. II, 14/06/2021, n.1637), v’è da chiedersi se, realmente, assumesse rilievo disciplinare un post, sicuramente censurabile, pubblicato da un docente che non spende tale qualità e che si colloca all’interno di tutt’altro ruolo e funzione.
Invero, anche a convenire con la Corte di Appello di Firenze che “il pensiero del docente di dissenso al cambiamento del nominativo del ….avrebbe ben potuto essere manifestato e argomentato in modo incisivo con l’utilizzo di espressioni a contenuto non offensivo”, è la portata piuttosto ampia riconosciuta (ex art. 494 D. Lgs. n. 297 del 1994) alla “funzione docente” e ai connessi compiti educativi a destare qualche perplessità specie se correlata alla questione che l’interessato non aveva speso siffatta qualità e che la vicenda era stata resa nota “all’Amministrazione in quanto portata a conoscenza della stampa da esponenti del Consiglio regionale e comunale di opinione politica opposta a quella del docente” (così la sentenza).
Si intende dire che, se è indubbio che “la condotta illecita extralavorativa del lavoratore è suscettibile di rilievo disciplinare, atteso che lo stesso è tenuto a comportamenti che non ledano gli interessi morali e materiali del datore di lavoro” (Cass., sez. lav., 24/03/2025, n. 7793), avrebbe forse meritato una riflessione più approfondita l’ambito in cui la bestemmia era stata pronunciata, le modalità con cui la vicenda era divenuta di dominio pubblico e l’effettiva portata della funzione docente che sembra, come già dedotto, assumere una dimensione davvero totalizzante.
In conclusione, per un verso, la sentenza richiama ancora una volta i dipendenti pubblici a prestare particolare attenzione all’uso dei social media, avendo ricevuto il loro utilizzo un’emersione anche a livello regolatorio con il DPR n. 81 del 13 giugno 2023 recante il nuovo (ennesimo) “Codice di comportamento dei dipendenti pubblici”.
Per altro verso, si colloca su un piano di non sempre agevole ricerca di un punto di equilibrio fra esercizio del diritto di manifestazione del pensiero, espressioni offensive del sentimento religioso e rilevanza del ruolo lavorativo, specie allorché tale qualificazione non emerga direttamente dal post o dalla bacheca facebook. Infatti, pur non essendo in discussione la natura infelice e offensiva dell’espressione ovvero la sua esuberanza dall’ombrello del diritto di critica politica, nondimeno, sembra richiedere ad un docente una sorta di “permanente” autocontrollo verbale che potrebbe apparire un po’ troppo pervasivo quanto meno laddove tale qualificazione non fosse percepibile dall’esterno o, come nella specie, sia stata, nella sostanza, utilizzata in forma ritorsiva da avversari politici.

 

A cura di Avv. Mauro Montini

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