Un dirigente del ruolo sanitario del SSN chiede ed ottiene la mobilità fra due enti del SSN ma, nelle more di quel procedimento, l’Ente di provenienza gli conferisce una qualifica superiore difforme da quella del posto oggetto della mobilità presso l’ente di destinazione. Orbene, la Suprema Corte, con sentenza della metà del mese di gennaio 2024, ribadisce che “in caso di mobilità del personale, il dipendente la cui domanda sia stata accolta in relazione ad una specifica vacanza nell’ente di destinazione e che abbia accettato la valutazione espressa da quest’ultimo quanto alla corrispondenza fra aree e profili professionali di inquadramento, non può contestare a passaggio già avvenuto l’inquadramento riconosciutogli e pretendere di rimanere nell’ente di destinazione con un superiore profilo professionale, percependo le relative differenze retributive non essendo consentito alterare il bilanciamento di interessi che il legislatore ha inteso realizzare attraverso il meccanismo della mobilità e vanificare le esigenze di efficienza, buon andamento e contenimento della spesa complessiva che le norme generali sul rapporto di impiego alle dipendenze delle PP. AA. mirano ad assicurare in attuazione dei principi di cui all’art. 97, avuto riguardo alle peculiarità proprie dell’istituto del passaggio diretto, che corrisponde anche all’interesse del lavoratore di conoscere il profilo di inquadramento che gli verrà riconosciuto nell’ente di destinazione, risultando quindi questi libero di non accettare il transito (Cass. Sez. L – Sentenza n. 30875 del 22/12/2017)”. Insomma la sentenza richiama, nella sostanza, chi intenda conseguire il passaggio alle dipendenze di altro ente, nelle forme dell’art. 30 d. lgs. n. 165 del 2001, alla consapevolezza che può non essere agevole tornare indietro e soprattutto che sono, per così dire, da evitare ripensamenti tardivi anche, allorché (come in quel caso) il dipendente avesse medio tempore conseguito una qualifica (o un incarico) superiori. Invero “la mobilità è sempre finalizzata alla copertura di una specifica vacanza – quale era quella che la stessa domanda di mobilità della ricorrente mirava a coprire – e pertanto il riconoscimento di incarichi o mansioni superiori conseguiti nelle more presso l’Amministrazione di provenienza non solo verrebbe a frustrare detta finalità – determinando il persistere della scopertura – ma produrrebbe l’effetto distonico di imporre alla nuova Amministrazione di appartenenza la presenza in sovrannumero di dipendenti con profilo diverso da quello per il quale vi era la scopertura stessa, oltre ad incidere sulla procedura concorsuale riservata, agevolando la progressione in carriera di uno dei concorrenti e generando asimmetrie tra le posizioni dei soggetti interessati a concorrere”.
a cura dello Studio Legale Avv. Mauro Montini
dipendente
Da una mobilità non si torna indietro
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